Il bambino che non voleva crescere
C’era una volta un bambino che non voleva crescere: stava così bene tra i suoi giochi che non ne voleva proprio sapere di diventare grande.
Giocava sempre e si crogiolava con i suoi amati supereroi: passava ore intere sul tappeto della sala da pranzo attorniato dai suoi beniamini e da una miriade di comparse improvvisate immerso in avventure sempre nuove o che aveva preso in prestito dai cartoni animati della sera prima.
Lorenzo, il bambino in questione appunto, vedeva la sorella che si sperticava tra la scuola, i compiuti, le lezioni di nuoto e quelle di pianoforte e si teneva ben strette le sue macchinine convinto che così non avrebbe mai dovuto affrontare la trincea che ricopriva la sorella fino al collo.
Quel tappeto della sala da pranzo rappresentava il suo mondo ed oltre quelle colonne d’Ercole c’era l’ignoto e per ciò stesso il male: era così bella la sua giornata, così piena ed appagante che non c’era nient’altro fuori da quel mondo che desiderasse.
Un giorno, proprio per essere sicuro di questa sua teoria, andò dalla mamma comunicando il suo intento di non crescere e la trovò in cucina attorniata da pentole e padelle, avvolta da un manto di vapore acqueo sprigionato dai manicaretti che sobbollivano.
La mamma, per Lorenzo, era proprio bellissima, anche quando aveva i capelli legati da strega o quando, struccata, le veniva fuori la faccia come quella di un panda; ed era sempre aggraziata ed elegante, anche con il pigiama infeltrito o con la tuta: aveva quel viso dolce e quel sorriso ricco che prometteva calore e abbracci perché quando la vedevi, o solo pensavi a lei, eri sicuro che tutto andasse bene.
Sicché, pensò Lorenzo, con questi presupposti non potrà che andare bene; quindi si fece coraggio, si avvicinò alla mamma, prese un bel respiro e decise per: “mamma, non voglio diventare grande” senza troppi fronzoli, tanto lei aveva sempre la soluzione per tutto. Un po’ sorpresa e un po’ divertita la mamma replicò: “a me va benissimo! così tu non crescerai, non andrai a scuola, non uscirai con gli amici e non guiderai mai: resteremo sempre qui insieme”.
La risposta, in verità, disorientò un po’ Lorenzo: leggeva tra le righe una sensazione sgradevole ma si accontentò per il momento del risultato ottenuto.
Il giorno dopo la mamma lo svegliò, come di consueto, per andare a scuola: lui sonnecchiando si accoccolò un po’ alla mamma e si lascio cullare dalle solite carezze mattutine, poi si alzò e si preparò per la scuola; la sorellina, Emma, nel frattempo, era già pronta e stava ripetendo alla mamma la lezione di storia - che noia! - pensò Lorenzo - fortuna che a me non toccherà mai! - .
Fecero colazione e e poi la mamma li accompagnò a scuola: Emma scese dall’auto salutando i superstiti e si diresse spedita verso la sua classe mentre la mamma e Lorenzo proseguirono verso l’asilo ascoltando, nel tepore dell’auto, la musica del bambino che non voleva crescere.
Le giornate invernali si accavallarono sino alla primavera quando un timido sole cominciò ad indugiare nel cielo, Lorenzo allora iniziò a giocare fuori, nel prato con la palla o con i suoi amati giocattoli: la scuola in un batter d’ali sarebbe finita e la famiglia si sarebbe trasferita al mare ma per il momento quello che Lorenzo voleva era solo godersi il prato.
Cominciava a fare caldo ed era ora, ormai, di mettere via le felpe ed i maglioni, i pantaloni cominciavano a prudere un pochino e le magliette a maniche corte facevano sudare sul collo - meno male - pensò Lorenzo - così posso tirar fuori le maglie a maniche corte dell’anno scorso -: ce n’era una rossa con disegnata la ragnatela di spider man che era proprio bella ed un’altra con dei robot che lo aveva reso molto popolare all’asilo. Chiese quindi alla mamma di poter aprire la scatola con i vestiti estivi e una volta gettatosi dentro ricacciò fuori tutte le sue magliette ed i suoi calzoncini; con la mamma si mise quindi a riordinare l’armadio mettendo via i vestiti troppo pesanti e facendo spazio a quelli più adatti al nuovo clima.
La mattina dopo, felice come fosse il giorno di Natale, Lorenzo si precipitò a vestirsi: voleva proprio indossare i suoi amati abiti estivi ma …. la maglietta gli lasciava scoperto il buchino del pancino e i pantaloni non si allacciavano! Chiamò la mamma che vedendo lo spettacolo che le si parava davanti abbracciò il figlio promettendo che nel pomeriggio sarebbero andati a comprare dei nuovi vestiti: “non ne voglio di nuovi!” sbottò Lorenzo “a me piacciono quelli miei”, “ne troveremo altri altrettanto belli, amore” replicò la mamma “ma di una taglia più grande, che ti stiano meglio, li sceglieremo insieme” proseguì cercando di calmare il bimbo che però non ne voleva sapere: “vedi che ho ragione?! non è per niente bello crescere!” “Amore mio - lo abbracciò la mamma - chi lo dice che le cose che troverai saranno peggiori di quelle che hai già? Magari ci sarà qualche maglia con raffigurato qualche eroe che ti piace, se non andiamo al negozio non lo saprai mai.” Lorenzo, di malavoglia, si fece convincere da quelle poche parole speranzoso che la sua malasorte avesse lì concluso i suoi affondi.
Il pomeriggio, infatti, entrato nel negozio insieme alla mamma, fu sopraffatto da maglie e pantaloni coloratissime, tutte promettenti avventure fantastiche, tutte come mantelli in grado di trasformati in chiunque volessi: ne scelse ben tre e due pantaloni cancellando, di nuovo, le sensazioni sgradevoli della mattina.
Un pomeriggio di una manciata di giorni dopo, Lorenzo invitò i suoi amici a giocare e Massimo portò con sé la sua bicicletta che però era senza rotelle! “perché la bici di Massimo è senza rotelle?! - pensò piccato Lorenzo - dovrebbe avere le rotelle, tutte le bici hanno le rotelle!”
“Perché la tua bicicletta è senza rotelle?” chiese Lorenzo all’amico il quale con una scrollata di spalle rispose “guarda come sono bravo ad andare in bicicletta! prendi la tua e facciamo una corsa nel prato!” e così cominciarono a correre ma per Lorenzo, in sella alla sua bicicletta con le rotelle, non era divertente come si aspettava, era più felice quando lui e Massimo correvano e si ruzzolavano tra i fili d’erba o giocavano ai paw patrol come avevano sempre fatto!
Cosa stava succedendo al mondo? - rimuginava piccato Lorenzo - cos’era quel voler sempre cambiare? non si stava bene così? che bisogno c’era di modificare ciò che era già bello?
“Per stare ancora meglio” rispose la mamma alle sue inespresse domande “crescere non significa dover scegliere tra quello che ci piace e quello che è giusto, o almeno non è solo questo: crescere significa modificarsi in base a quello che ci serve o che desideriamo: si chiama evoluzione, la tua crescita è evoluzione. Significa cambiare le magliette perché non ti entrano più, cambiare cartoni animati perché te ne piacciono altri, imparare ad andare in bicicletta perché è più divertente o cambiare scuola per poter avere esperienze più interessanti.
A lungo andare, continuare a fare le stesse cose, per quanto siano belle e confortevoli, ti annoierà, crescere provoca cambiamento e cambiamento provoca crescita. Tutto questo turbine, Lorenzo, non è una cosa negativa è una cosa affascinante. Anche Spider man, se non avesse accettato il suo ruolo, sarebbe rimasto uno studente con una puntura di ragno sul polso: crescere non è un compito ma uno splendido viaggio”.
I discorsi della mamma cominciavano a minare le certezze Lorenzo che si lasciò tentare dalle novità. Un giorno Lorenzo chiese al papà di togliere le rotelle dalla bicicletta avvicinandosi, ma con circospezione, a questa nuova diavoleria; salito in sella sentì subito addosso la paura ma anche l’ebbrezza dell’ignoto “papà, se cado?” “se cadrai - rispose il papà - allora io sarò qui ad aiutarti a rialzarti”, “e se mi faccio male?” ribatté Lorenzo “allora ti accompagnerò in casa e ti medicherò” “e se non sarò capace?” tentò infine Lorenzo, “non lo saprai mai se non provi, sicuramente all’inizio incontrerai delle difficoltà ma è proprio questo il bello, perché il sacrificio, la tenacia, la perseveranza e finanche le cadute renderanno più dolce il momento in cui - e arriverà sicuramente - riuscirai ad andare da solo in bicicletta …. non ci pensare su troppo…. andiamo!”
Quel pomeriggio Lorenzo si divertì tantissimo, un po’ perse l’equilibrio ed un po’ assaporò l’ebbrezza del vento che ti scompiglia i capelli, un po’ pedalò ed un po’ cadde ma si rialzo sempre da solo e quando il sole ormai si appoggiava sui monti lontani lui sapeva andare in bicicletta da solo.
Rientrato in casa per la cena, aveva il viso rosso e i capelli incollati alla fronte, ansimava e aveva un sorriso appiccicato sul viso che metteva gioia, un sorriso di quelli veri, che raccontava di risate, di respiri a polmoni pieni e conquiste, un sorriso che abbracciava anche gli occhi e che illuminava di luce riflessa chiunque gli fosse accanto.
Lorenzo aveva capito, aveva compreso che la strada nuova conduceva all’ignoto e che l’ignoto era l’essenza di tutte le sue storie, le sue e dei suoi giochi, l’ignoto era avventura, era figlia della curiosità e madre della scoperta.
Lorenzo corse ad abbracciare la mamma e il papà avvisandoli che non vedeva l’ora di andare in vacanza e poi nella nuova scuola per conoscere i nuovi amici e che adesso era pronto anche per provare ad assaggiare il formaggio ed indossare la maglia a collo alto per la quale aveva sempre storto il naso.
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